Fuori
è buio, c’è un uomo che cammina nei miei ricordi.
Forse
è lui quello che abbiamo investito. Infilo la mano nei pantaloni e tocco le
mutande, sono umide di sangue.
La
gente esce e va a guardare; sono io quella che ha sempre sanguinato per lui.
Seduta
a giocare, la finestra aperta.
Quando
poi si smorza la luce, si sente il vuoto riempire ogni cosa.
Si
ascoltano i rumori sottili farsi concreti.
Le
preghiere a te non servono a nulla, te le chiede per pulirsi le mani. È come se
pregassi per il loro perdono, una buona parola agli occhi di chi comunque non
ha voluto crederti.
Il
cielo riluce, la strada brilla, è come stare in una scatola.
Mi
ha investita la densità della nebbia.
Ringhia
nel sonno finché non si addormenta.
Lei
è lì, con un corpo grande che ora mi appartiene.
Non
riesco a capire cosa ci faccia ancora qui, perché continui a sanguinare. Ora le
dita vanno sotto le mutande, ma lei non è d’accordo.
Da
lì esce il suo sangue.
L’uomo
è nei suoi ricordi; io ne vedo la curva del corpo.
Un
corpo che non è più mio.
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