Con oggi concludiamo due raccolte, e mi preparo al duro lavoro della sistemazione.
Buona lettura e domenica a voi!
Respiro Profondo
Era stata un’attrice un tempo…
Un tempo…
Lontano…
Ora rinchiusa in
gabbia…
Milly era madre cenando sola e il mare d’Irlanda era
forse cristallino con lui che si tuffava irrequieto, perché avrebbe potuto
afferrare la corsa del treno e conoscere Peter Pan.
Le unghie smaltate di rosso carne erano poi vistose e
mangiarsele era un’oscenità, l’orologio ticchettava sul suo orecchio la notte e
Milly-mangia-carote irrompeva nelle coperte in cerca d’abbraccio.
Si puliva solo con la facciata di carta igienica priva di
disegnini, le si sarebbero potuti attaccare alla pelle come zecche, e poi
mandava messaggi da diario tappati nelle bottiglie a secco del latte: non
sempre a secco.
Le faceva viaggiare nel mare d’Irlanda, con lui che si
tuffava in corsa furente tagliando lo specchio gelato, mica era mattina.
Lour ne lesse una e volle berne il latte, scremata la
frittata che avrebbe dovuto fare se non fosse stata troppo presa dal tagliere
le ragnatele di capelli dalla spazzola.
Alcuni pelucchi pelosi.
Ti lovvo davvero nuotatore, diceva e mangiava e
assaporava, anche se tra la barba so che nascondi un sorriso.
Suonando il basso, non più il piano che schiaccia le mani
dei giornali passati, ricevette il seguito: Lour avrebbe dovuto dire tutto,
mentre avrebbe voluto nascondere mentendo.
Fece così, nel mantenere l’amicizia che stava comunque
all’insaputa di una persona di troppo.
Gironzolava in cerca dell’accendino, non trovandolo
accese il fornello per infuocare la sigaretta; la trattenne tra indice e medio
ed espirando gli sembrò di essere il vaso che liberava male nel mondo…solo che
più lo faceva e più nero emetteva.
La speranza era nel mare d’Irlanda, annegata, in cui era
quasi congelato per dimenticare Milly.
Milly e le sue strane abitudini, che poi nemmeno per lui
i disegnino sulla carta igienica erano puliti e sani, ma il latte era certo non
gli fosse mai piaciuto.
Scriveva veloce ed incasinato con il suo sguardo da
felicità fatta a cane: scodinzolava con le caviglie immaginando di loro
scontrarsi due piatti in oro d’orchestra.
E mentre il micio dalla grossa coda gli passava dinanzi
ai fogli, Guglielmo scriveva parole lettere dialoghi trame di scuse
immedesimandosi nella calligrafia più astrusa che avesse mai solcato gli
sconfinati (no balla, dispersivi forse) fogli bianchi, mai bianchi, ognuno con
la sottile macchia di sfacciato adulterio.
Amava quei fogli viziati.
Succhiò la sigaretta come si succhia la crema nei
cannellini, non la buttò via la loro crema e gli occhi si rattristarono di
gusto: uno di quei giorni avrebbe comprato i fazzoletti morbidi, si segnò in un
angolo tornando a scrivere di chissà cosa, come e perché.
Tanto quelle lettere arrivavano a Lour.
Lour assorbì le notizie di quelle ultime parole facendole
riecheggiare nella cella bianca latte…ormai fluivano lente le pareti e avrebbe
sentito muggire pure il cuore.
Ridacchiò e poi pianse quando le si ruppe in mano la
bottiglia: non erano creature da abbracciare loro.
Il collo vetroso era un rovo che sgocciolava, tanto
quanto il corpo di Milly che come olio venne fatto galleggiare in mare.
Il nuotatore si tuffò rompendo la superficie, di nuovo.
Il nuotatore si tuffò vestito, le sigarette in tasca
lievitarono e lui in quel momento desiderò di scrivere in un foglio grande solo
fino a metà per poi andare a capo, perché così aveva sempre voluto fare Milly e
lui le aveva detto di no.
Le mani erano due stracci che strizzavano il suo collo,
le avrebbero fatto uscire la verità dalla bocca.
La lingua era tesa e soggetta ad un crampo stridulo
chiamato voce.
Milly stava morendo lentamente.
Lour stava strabuzzando gli occhi cerulei incorniciati da
quel manto di capelli poco curati grigio-gialli.
Si teneva le mani alla gola e guardava l’angolo in alto a
sinistra, mentre i dottori entravano cercando di salvarla dalla sua recita.
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