giovedì 2 agosto 2012

[Frammenti da un Luna-Park] Nonostante tutto

Vi risparmio la fola riguardo quanto sono impegnata e passo subito al dunque: la raccolta "Frammenti da un Luna-Park" torna sui vostri schermi!
Siete entusiasti, lo so, quindi procediamo... 

NONOSTANTE TUTTO.

Ci abbracceremo con le dita, e ci soffieremo tra i capelli parole d’amore solo per poterci tradire mentre sgranocchiamo i cereali a colazione.

Non siamo la coppia Mulino Bianco o “cereali croccanti per vivere in armonia”, non lo saremo mai.
Ci abbracciamo nel letto, al buio, solo per ricordarci che non siamo soli e al mattino è come fossimo in due mondi diversi.
Sentiamo gli aliti cattivi, l’uno dell’altro, e non ha senso.
Mangiamo mentine per pulirci il palato dai baci e usiamo il dentifricio per proteggerci dai se:
“No, scusa, mi sono appena lavato i denti”.
Ci salutiamo con il Buon Giorno sapendo che non lo sarà, rideremmo se non fosse che è tutto troppo triste.
Nonostante tutto rinnoveremmo la promessa, perché l’unica cosa che ci manca è l’amante nell’armadio.

Siamo arrivati al capolinea quando abbiamo comprato due detersivi diversi.
Abbiamo preso due treni opposti per l’orario del pranzo e anche se non sembra l’unica mancanza che abbiamo, ci permette di vederci al centro commerciale con due liste della spesa e due carrelli:
“Credevo  di doverci pensare io”.
Nonostante questo siamo sempre riusciti a non comprare due volte le stesse cose.

Ammazziamo i ragni solo per liberare un angolo in cui buttare le briciole, le mosche le scacciamo via dai piatti come per fare un complimento al cuoco: “Dai non fa così schifo”.
Ci abbandoniamo sul divano alla sera: io per vedere rai due tu per vedere sky 301.
Siamo arenati nella spiaggia della desolazione, perché pure un cactus sembra più felice di noi.
Abbiamo un cane e un gatto spiumato perché non avevamo il tempo di comprare una vasca coi pesci e il loro beato silenzio.
Riusciamo a masticare dandoci sui nervi e non beviamo caffè nella speranza di chiudere gli occhi in tempo per non vederci.
Il resto del giorno siamo a lavoro e non siamo così sicuri del lavoro dell’altro.
Abbiamo due auto solo per poter prendere due strade diverse al mattino.
E con noi si è risolto l’enigma del “lenzuolo più coperta”: tu di qua io di là. Sempre.
L’unica foto in cui siamo insieme è quella del matrimonio e non sorridiamo, sembrano pure due estranei: lui con la cravatta stretta per non far arrivare troppo ossigeno al cervello e lei con il corsetto per non farlo arrivare alla bocca.
Il taglio della torta lo hanno fatto i miei e il bouquet non è stato lanciato per paura di incastrare qualcun altro come ci siamo sentiti incastrati noi.
A questo punto potremmo ingrassare e ubriacarci, ma ci sentiamo ancora single e in caccia.
Teniamo sui cartoni del latte il nostro adulterio.

Ci diciamo Buona Notte perché sappiamo che lo sarà: non dovremo guardarci negli occhi.
E ancora non vogliamo farla finita?
Perché poi ci prepareremo lo spezzatino stopaccioso per vedere l’altro in difficoltà con coltello e forchetta a togliere il grasso, o il brodo perché sappiamo che lo succhieremo dal cucchiaio rumoreggiando: tutto per odiarci di più.
E staremo in silenzio, seduti ad un tavolo, diametralmente opposti.
Ci muoveremo sulle sedie per accavallare le gambe e darci un calcio ricordandoci che la gente non scompare semplicemente ignorandola.
Saremo nati per stare assieme, e in un giorno improbabile ti amerò, ti amerò per davvero.

All’età di sei anni costruivo pupazzi di neve.
Mettevo la carota, due ceci, una banana per naso, occhi e bocca: insomma, non ero volgare.
Lo facevo solo per vedere i barboni mangiare.
Più avanti mi divertivo ad immaginare una ragazza attraente intenta ad inumidire il capo di un filo per infilarlo nella cruna, e il suo spasimante dall’altra parte della sala a srotolare il gomitolo per prendere il capo opposto.
Lui mangiava il filo come uno spaghetto e all’ultimo, speranzoso di un bacio rubato alla sua lei, si ritrovava ad aver risucchiato l’ago.
Era tutto sbagliato in me e tu volevi farlo sembrare giusto.
Facevo del sarcasmo per ferire e tu dicevi che invece era solo spassoso.
Mi volevi smontare come un orologio a cucù senza accorgerti che il mio cuore avrebbe continuato a fare cip cip.

Odio la matematica e tu la ami, amo scrivere e tu non ne sei capace.
Mi definisco purista della grammatica e tu dici “gli ho detto a Samantha”.
Se è sbagliato scriverlo è sbagliato dirlo.

Vuoi una posata io una forchetta.
Vuoi un gioiello io una collana.
Vuoi un riconoscimento io una spilla.
Pescheresti a caso in una boccia di numeri per tutta la vita con una benda agli occhi, mentre io voglio sapere se sono numeri o granchi.
Guardi i cartoni per ridere, io per capire la gente.
Accetti tutto così com’è per la sua semplicità, perché per te tutto è sincero e chiaro.
Ci sono scompensi in ciò che dici, non analizzi.
Non valuti.
Prendi e porgi, così.
Ti metti il pigiama perché ti hanno detto che va messo a letto, cammini sulle strisce pedonali, sui marciapiedi, stai sul lato destro della strada, non metti sotto nessuno, mangi verdura, fai attività fisica, lavori, respiri…senza mai dare una motivazione tua.
Non ti appartieni, per questo mi prendo la libertà di confiscarti.
Mi dispiace che tu debba scoprirlo così, da me.
Dal vicino, da un amico o amica, da un parente…sarebbero stati tutti modi migliori.

Per la prima volta vuoi una motivazione, vuoi un senso per tutto questo, solo che è scontata detta in questo caso, perché se fosse vera non lo sarebbe: “stanchezza”.
Non hai mai analizzato abbastanza, perché tutto questo è “togliersi un peso morto”.
I pesi morti, i morti, sono sbagliati da portarsi appresso.
Tu sei un cadavere perché credi in una vita futura, ma non ti preoccupi di questa.
Non abbastanza.
Cosa ti costa allora farla finita per davvero?

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