giovedì 10 aprile 2014

Un racconto prima di uscire di casa

Come da titolo, ho pensato di condividere un racconto veramente breve prima di uscire di casa.
L'ho trovato mentre, in realtà, cercavo altro, ovviamente.


ZOMBIE


L’arto fantasma, a sinistra, gli prudeva orribilmente e lui ancora non aveva capito come poterselo grattare.
Era veramente fastidioso sapere che c’era un vuoto che necessitava di essere grattato, come se una piuma antipatica si divertisse a spiumazzare su e giù per l’avambraccio.
La notte poi, al buio, odiava mettere avanti le mani, perché sapeva che si sarebbero visti solo due orridi moncherini.
Sì, entrambi gli arti non c’erano più e il suo equilibrio di tanto in tanto ne risentiva.
Era stato costretto a farsi strappare le maniche della giacca, perché se fossero rimaste lunghe lo avrebbero davvero fatto sentire ridicolo (e a dirla tutta sarebbero state più di impiccio che altro).
Ormai, l’unica cosa da fare sembrava doversi grattare coi piedi, peccato fossero passati dei mesi dall'ultima volta che si era tagliato quelle maledette unghie: sporche, rovinate, ingiallite dal continuo camminare a piedi scalzi. Eh certo, cosa se le metteva a fare le scarpe se non poteva allacciarle?
Era triste, veramente triste.
Anche perché, era stata in una di quelle occasione che aveva perso la testa.
Come al solito i moncherini se ne stavano a mezz'aria senza alcuna speranza di poter afferrare qualcosa, i piedi camminavano tagliandosi di tanto in tanto e inciampando in una qualche radice ben mimetizzata, mentre la testa se ne stava svenevole leggermente piegata sulla destra.
La bocca semi aperta lasciava intravedere una lingua violacea del tutto simile a una cozza: adagiata nel suo guscio era restia a muoversi, mostrandosi appena appena, come fosse un lumacone.
Ma il grido tipico delle prede lo destò da quel torpore: la testa si fece dritta e iniziò a guardarsi a sinistra e a destra e poi...
Poi sbam!
Un’asse di legno bella grande lo colpì facendogli rotolare il cranio giù per la collina, il lumacone non aveva fatto in tempo a ritirarsi e venne mozzato dai denti storti. Gli occhi rotearono nelle loro orbite seguendo alla perfezione il rotolamento della testa, che, seppur staccata, insisteva in un rantolo monotono.

Il corpo non poté che seguirla e per quella notte dovette accontentarsi del fango e dei suoi abitanti, mentre la sua cena andava a nascondersi in un posto sicuro, ancora esaltata all'idea di essergli scampata.

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